Ascoltando questa parabola, detta comunemente del figliol prodigo o del padre misericordioso, perché se il figlio ricorre al padre è per una necessità fisiologica: ha fame; mentre il padre va incontro al figlio per una necessità ontologica: perché lo ama. E mentre il figlio corre per una necessità, perché se non avesse avuto necessità non sarebbe ritornato dal padre, il padre corre e lascia tutto perché lo ama. E quando si ama, si perdona. La Madonna questo ci sta insegnando in questo settenario: si ama e si dona con gioia; il dolore si soffre e si offre. Si ama perché si ama, e ci si dona solo per amore, tutto per amore. E di, conseguenza, è madre della misericordia perché ama e perdona: Orsù, dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi e mostraci dopo questo esilio, Gesù, tu che sei misericordiosa, tu che sei clemente, tu che sei pia!
C’è forse una famiglia, una madre e un padre che non ha problemi con i suoi figli? Quanti pianti ci sono nascosti? Quanti figli disprezzano i loro genitori? E quanti genitori ci sono che disprezzano i propri figli? Ci siamo scordati forse il comandamento: “Onora il padre e la madre”? Ci siamo forse scordati il comandamento dell’amore misericordioso che ci dice: “Ama il prossimo tuo come te stesso”? E chi è il mio prossimo? Chi è lontano da me o chi è vicino a me? Lo dice la stessa parola: prossimo! Il prossimo è chi mi sta accanto, chi vive con me, chi condivide con me gioie, dolori, affetto, tavolo, tutto. Eppure, quel prossimo tante volte mi è di impedimento e causa di tristezza, è causa di dolore, è causa di litigi, alterchi, divisioni. Cosa fa una mamma dinanzi ad un figlio che si atteggia così?
Il Vangelo proclamato questa sera ci aiuta a rallegrarci nella sua misericordia. Maria non poteva fare diversamente che trasmettere misericordia. La parabola che abbiamo ascoltato è un invito alla festa, perché ogni incontro con Gesù, attraverso Maria, in questo caso, è sempre una festa. Fateci caso: è sempre un banchetto di nozze, di festa. Cosa fa il padre che corre verso il figlio disonesto, lo butta fuori? Gli dice: “Tu per me sei morto?”. Frasi che sento dire, qualche volta. Oppure dice: “Se non mi chiedete scusa io non rientro a casa!”. Ma si può arrivare a questo punto? A rinnegare, a rigettare il proprio sangue, i propri affetti, i propri amori? Togliete la famiglia dalla propria esistenza, cosa rimane? Il caos primordiale.
Le famiglie sconquassate, ahimè, che dolore vivono! Ma quale soddisfazione c’è nel distruggere una famiglia? Gesù lo ha detto: “Io vengo in mezzo a voi e porterò fuoco sulla terra; ci sarà padre contro figlio, figlio contro padre; suocera contro nuora, nuora contro suocera”. La parola di Dio va ad inquietare, perché la parola di Dio va messa al primo posto; in questo senso Gesù lo ha detto, non per dividere gli affetti, l’amore, la comunione, la famiglia!
Dio ci invita alla festa, alla festa del perdono, perché Lui è padre e madre, questo amore che scaturisce dalle sue viscere è un amore viscerale di una mamma per il proprio bambino e lo ribadisce San Giovanni Paolo II nella Dives In Misericordia, testo documento della Chiesa bellissimo: “Dio è ricco di misericordia. Anche se una donna si dimenticherà del proprio figlio, Io non ti dimenticherò mai!”. Lasciamoci trovare da Dio, lasciamoci trovare da Maria. Muoviamo i nostri passi verso colui che ci attende nella sua casa, corriamo verso di lui sapendo che lui verrà verso di noi. Dio non ci chiude le porte, non ci abbandona, non ci caccia mai da casa, anzi! Dice Papa Francesco: “Affidate a Maria tutto ciò che siete, tutto ciò che avete e così riuscirete ad essere uno strumento della misericordia e della tenerezza di Dio per i vostri familiari, i vostri vicini, i vostri amici”.
Dobbiamo imparare da Dio ad accogliere i nostri fratelli. Questo padre misericordioso, che abbiamo sentito, non accusa neanche il figlio maggiore che si lamenta: “Ah che cosa hai fatto?”. Quante volte è capitato in certe famiglie: “Come, per lui che ti ha sfruttato, ha sfruttato tutto ciò che tu gli hai dato e ha consumato i tuoi beni, fai festa. Per me, che ti sono stato sempre fedele, che sono stato sempre accanto a te e ti ho rispettato e amato, non hai mai ucciso un capretto! Per lui il vitello grasso e per me manco un capretto!”. Ma, forse, non sono le solite storie che si sentono nelle famiglie? “A chiddu ci disti tantu, a mì nun mi disti nenti, mi disti chiù picca!”; “ma tu ha ricivutu, ma tu si sempri ccà, i ti vugliu beni”[1], sei sempre qui in mezzo a noi, sei con noi, tutto ciò che è nostro è tuo, chi ti laminti?[2]. L’invidia è una brutta bestia! Attanagliatela, tenetela ferma, mettetela al guinzaglio. Ponete una catena robusta all’invidia, che distrugge la comunione e l’amore; che distrugge la famiglia, il rapporto tra genitori e figli, tra figli e genitori! Forse che i figli non sono tutti uguali? Non bisogna mai fare preferenze di figli! Sono carne della vostra carne, sangue del vostro sangue.
Anche se un figlio si mostra degenere nei vostri confronti, come questo figlio del Vangelo, voi, che amate Dio e se lo temete, dovete accoglierlo nell’amore di Dio, perdonarlo e abbracciarlo! “Perchè era morto ed è stato ritrovato”, ed a chi sta sempre accanto a voi dite, tu sei sempre con me. Non fate i figli prediletti, non fate differenze di persone, perché se fate questo causerete guerre e divisioni all’interno delle famiglie, non unità.
Saremo giudicati dall’amore. “Ma quello si merita di più, quello si merita di meno”. No. Non funziona così nella logica di Dio. Vi ricordate gli operai della prima ora e dell’ultima ora? Tutti hanno avuto un salario, uguale per tutti. “Ma noi che siamo venuti prima, perché ci hai dato alla stessa maniera di quelli che sono venuti alla sera?”. “Ma forse che io non posso distribuire delle mie cose come voglio?”, dice Gesù in quella parabola. “Perché ti stai arrabbiando? Del resto hai ricevuto tanto quanto”. “Ma io ho lavorato di più”. “Fermati. Sei stato chiamato prima”.
Non avere mai invidia. L’invidia porta a puntare il dito, a giudicare, alla divisione. No! Dobbiamo imparare ad accogliere. Questo padre misericordioso non accusa nessuno, tende sempre a giustificare. Maria giustifica, pone sotto il suo manto come una mamma. Ma che fa una mamma timorata di Dio? Nun l’ammuccia li magagni che fa un figliu? Non le nasconde, forse, anche se il figlio sbaglia? Per una mamma è bello mettere un proprio figlio ai quattro venti, alla mercé di tutti, che diventa poi una barzelletta? Che poi, gli altri, piuttosto che avere un momento di tenerezza, di compassione, ridono sopra il male degli altri? Anzi dicono: “E se u dici so mà, è accussì![3] e poi ci mettono anche la mamma: Ciò che fa la mamma a lu fuculari fa lu figliu a lu munnizzaru.[4] Altro che misericordia di Dio!
Si divampa il fuoco, ma non il fuoco di Dio, attenti! Si divampa il fuoco di satana! Siamo bravi a giudicare, a soffiare sul fuoco degli altri, ma non per spegnerlo! Per alimentarlo di più, come si fa con il fuoco per arrostire la carne, no? Più vivo è il fuoco, più la cane si cuoce. Ma attenzione: se è troppo vivo si brucia, carbonella diventa! Così, tante volte, è l’esistenza di certi cristiani, che non hanno niente da fare e soffiano sui mali altrui, piuttosto che ripagare con la tenerezza, l’accoglienza, la carezza, il bacio, la compassione, la misericordia e chi più ne ha più ne metta!
Dice il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”. Questa frase ci dovrebbe fare pensare quanto è grande l’amore di Dio. Tutto ciò che è mio è tuo; Cosa ci fa ereditare Dio, palazzi? Castelli? Terreni, che sono cause di liti se ne manca un metro? Addio, sono guai: subito si va a causa; non ci si saluta; non ci si guarda più; non c’è più parentela; quello per me è morto; quello è un diavolo! Per che cosa? “Pi un fazzulettu di terrenu?”[5]. Vergogna! Vergogna! Il nostro cuore dov’è? In Dio o nelle cose materiali? “Li dove è il tuo tesoro, li sarà il tuo cuore”.
Pensiamo a tutte quelle volte che le nostre mamme ci dicono: “I figli sono tutti uguali”. Perché allora abbiamo questo cuore duro ad accogliere il nostro fratello? Non il fratello spirituale! Il fratello consanguineo! Quanti fratelli e sorelle ci sono litigati, che non si salutano per stupidaggini? Queste mamme, come Maria addolorata, ci educano nel silenzio della preghiera, perché ci amano e ci amano per ciò che siamo. E siamo indegni figli!
Nella Madonna, in modo particolare, noi viviamo questo amore: un amore che ci consola. E’ come se ci cullasse ogni volta che vogliamo lasciare la casa del padre, può venire una tentazione del genere a tutti, per vivere su una cattiva strada, su una cattiva via, come lo fu per quel figliol prodigo.
Noi siamo stati educati ad amare la Madonna, continuiamo a vivere questo dono che ci è stato offerto, non lo sciupiamo, non lo sperperiamo. Papa Giovanni Paolo I, Papa Luciani, il Papa dei 33 giorni, il Papa del sorriso diceva: “Chi ama currit, corre, volant, vola”. Si può nascondere l’amore? Pensate a voi quando eravate giovanissimi, innamoratissimi. “Salivate i mura lisci”, si correva, si scappava, si trovava l’occasione per incontrarsi, di tutto si faceva pur di vedersi negli occhi. Che era bello quel modo di vivere l’amore! Non come oggi che tutto è dato. Tutto. Chi ama corre, vola, nella letizia, toccato dalla gioia. Amare, diceva Papa Paolo I, “significa correre con il cuore verso l’oggetto amato. Ho iniziato ad amare la Vergine Maria prima ancora di conoscerla”. Guardate come si ragiona nell’amore di Dio, si ama ancor prima di conoscere; nella logica dell’uomo ci si ama prima conoscendosi e poi ci si ama, al contrario, tranne quando i matrimoni venivano imposti:“o pi amuri o pi timuri, era chissa”[6], ahimè! L’esperienza dell’amore: prima si ama, e ancor prima di conoscere, Maria si innamora! Ma ogni cristiano deve fare così! Non vale il detto: “Pensa o mali ca lu beni ti veni!”[7]. Per il cristiano vale il detto: “Pensa sempre bene, che bene riceverai!”.
Il cristiano non può partire con il piede di guerra, ma con quello della pace. Come sono belli i piedi del messaggero portatore di pace. Dice Papa Giovanni Paolo I: “Le sere al focolare, sulle ginocchia materne, la voce della madre che recitava il Rosario”. Nelle braccia di Maria, tutti sentiamoci sicuri. Abbiamo bisogno di ritornare bambini. Che era bello quando eravamo bambini! Magari potessimo tornare indietro, tra le braccia delle nostre mamme! E voi, bambini, godetevi le mamme! Abbiamo bisogno di ritornare bambini, perché abbiamo bisogno del suo latte materno, per nutrirci di quella fede che ci fa vedere lontano, come il padre che guarda sempre oltre l’uscio della casa in attesa del proprio figlio.
Chiudo: “O Padre, che hai voluto Maria Santissima ai piedi della Croce, unita al sacrifico del tuo figlio, per Sua intercessione, fa che portiamo l’impronta del Cristo crocifisso e risorto e ci prodighiamo con carità instancabile per il bene dei nostri fratelli e sorelle, per vivere in unità ed in comunione con Te.
Sia lodato Gesù Cristo.
[1] Tradotto dal dialetto siciliano: “A lui hai dato molto, a me niente. Mi hai dato meno.”; “Ma tu hai ricevuto, perché sei sempre qui con me. Io ti voglio bene”.
[2] Tradotto dal dialetto siciliano: “Perché ti lamenti?”.
[3] Tradotto dal dialetto siciliano: “Se lo dice sua mamma, vorrà dire che è così!”
[4] Tradotto dal dialetto siciliano: “Cosa fa la mamma a casa, fa il figlio in altri posti”.
[5] Tradotto dal dialetto siciliano: “Per un pezzetto di terra”
[6] Tradotto dal dialetto siciliano: “Era così, o per amore o per timore”.
[7] Tradotto dal dialetto siciliano: “Pensa al male per ricevere bene”.